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Templars Mysteries
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Sono passati più di sette secoli da quando il rogo mise fine alla vita di Giacomo de’ Molay, ultimo gran maestro dei Templari, e dalla soppressione del loro ordine. Nonostante ciò, il termine templare continua ad essere affascinante ed evocatorio. I Templari, noti anche come Cavalieri dell’Ordine del Tempio, sono ancora oggi probabilmente il più noto e più misterioso ordine cavalleresco, la cui storia enigmatica rimane ancora oggi circondata da un alone di mistero.

Due cavalieri, Hugo de’ Pagani e Goffredo di Geoffroy de Saint-Omer, nel 1118, pensarono di dare vita a un ordine militare e religioso per proteggere i pellegrini che si recavano a Gerusalemme, già da allora oggetto di scontro tra religioni, in questo caso tra cattolicità ed islamismo.

I cavalieri prestarono voto di povertà, castità e obbedienza nelle mani del patriarca di Gerusalemme, Warmondo di Picquigny, che propose di utilizzare gli stessi per difendere la città santa e proteggere i pellegrini. L’ordine fu riconosciuto dalla chiesa nel corso del concilio di Troyes nel 1129, segnatamente da papa Onorio II, unitamente alla regola che i cavalieri dovevano seguire, come previsto per ogni ordine monastico.

Una regola nella quale fu introdotto un concetto certamente rivoluzionario: i monaci, oltre a dover adempiere con i loro voti a un comportamento improntato a castità, povertà e obbedienza, sono anche soldati. Il loro mantello, bianco con croce patente rossa, simboleggia questa dualità per così dire funzionale: il bianco della loro veste ricorda la purezza e la castità, la croce rossa, impressa sulla veste stessa, rammenta il sangue, quindi l’ardore che deve caratterizzare la loro azione.

L’ordine, che ricevette il sostegno di San Bernardo di Chiaravalle, promotore dell’ordine dei Cistercensi e propugnatore della costruzione delle cattedrali, prese dapprima il nome di Militia Christi. Poi, allorché, grazie ai meriti acquisiti sul campo, in particolare riguardo la sicurezza dei pellegrini, ebbe in concessione dal re di Gerusalemme una parte del tempio di Salomone, fu chiamato Militia Templi e poi comunemente, come ancora oggi, ordine dei cavalieri templari.

I cavalieri potevano essere laici o sacerdoti ed erano assistiti da servitori, che vestivano abiti di color bruno. Al loro vertice era posto il magister militiae templi, coadiuvato da altri dignitari.

Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo, i cavalieri templari assicurarono quindi la protezione dei pellegrini nell’area medio orientale, ove si svolse la guerra santa, nel corso della quale gli stessi ebbero un importante ruolo in varie battaglie: Tiberiade (1187), Gaza (1244), Al-Man?ur? (1250) e San Giovanni d’Acri (1291).

L’ordine accrebbe la sua fama ed ebbe una rapida diffusione in Europa (in particolare in Francia, Inghilterra, Spagna e Portogallo), ove peraltro costruì moltissime chiese, che furono sempre chiamate tempio, accumulando, in quasi duecento anni, una ricchezza leggendaria, composta da denari, gioielli e soprattutto proprietà (commanderie), ubicate in tutto l’occidente cristiano.

Dopo la perdita definitiva della terra santa nel 1291, l’ordine, vittima della debolezza del papa Clemente V e l’avidità di Filippo il Bello, fu accusato di eresia e infine sciolto nel 1312.

Il conseguente processo ai cavalieri templari terminò nel 1314, con l’uccisione degli ultimi due alti dignitari dell’Ordine, Jacques de Molay e Geoffroy de Charnay, che Filippo il Bello fece bruciare nell’isola di Parigi, ubicata di fronte alla cattedrale di Notre Dame, presso il “Pont Neuf” ove ancora oggi una lapide ricorda quanto avvenne.

Questa in breve la storia dell’ordine, che è stato successivamente preso a modello da tutti gli ordini cavallereschi, sia nazionali che sovra nazionali.

Ma perché, ancora oggi esso è ancora una sorta di entità che attrae e che ha dato origine a numerose organizzazioni, neo-templari, tuttora esistenti ed operanti, le quali appunto si ispirano e si richiamano ai primitivi cavalieri? Perché all’azione storica dei Templari, riferita sia agli aspetti politico-sociali e religiosi, si sono sovrapposti elementi mitici e fantastici?

Certamente esiste una ragione non propriamente razionale e riconducibile ad aspetti storici documentabili. Come spesso accade non è facile distinguere tra storia, mito e leggenda, stante peraltro le difficoltà, connesse alla ricerca volta allo studio della storia dei templari, derivate anche da un disinteresse rispetto questa tematica, soprattutto da parte del mondo accademico.

Probabilmente per comprendere l’aspetto verosimilmente più importante, riferito alla autentica eredità templare, si dovrebbe considerare la realtà metastorica, che ricomprende gli archetipi, che sono alla base dell’azione di ogni essere umano. È quindi necessario, attraverso l’analisi della simbologia e della correlata semiologia, al di là della semplice analisi storica, entrare nel pensiero di quello che è un vero e proprio corpus tradizionale, per comprenderne l’essenza, che è rilevabile appunto più negli archetipi simbolici che nelle documentazioni cartolari. In realtà, è allora forse opportuno ricercare, in un ambito più meramente spirituale, la chiave dei misteri che circondano l’ordine del Tempio, per coglierne i messaggi che possono ancora arrivare a noi.

È bene rammentare che l’Ordine del Tempio nacque in medio oriente a Gerusalemme, quindi, le sue radici sono anche orientali, nonostante sia stato pensato e costituito da uomini figli dell’occidente cristiano; come pure che la sua sede è sempre stata in medio oriente: dapprima Gerusalemme, poi San Giovanni d’Acri e infine Cipro.

Uno dei simboli che ha caratterizzato i templari è il sigillo dell’ordine, nel quale sono raffigurati due cavalieri che montano un solo cavallo. Questo per ricordare la duplicità, quindi la dualità dell’azione del monaco cavaliere, che deve essere interiore ma anche esteriore.

Il cavallo cavalcato da due templari ricorda peraltro la tripartizione dell’essere, molto comune nel medioevo: spirito, anima e corpo; corpo, in questo caso rappresentato da un cavallo, il quale rammenta che il corpo stesso è solo il veicolo dell’anima e dello spirito divino. Tre parole che fanno peraltro riferimento alle tre ipostasi: padre, figlio e spirito santo.

Altro simbolo altrettanto importante è la croce templare, che ricorda l’unione tra terra e cielo, come pure in modo abbastanza palese il simbolismo proprio del numero otto, che rappresenta l’infinito, il mondo manifesto e anche la vita e la trasformazione. Non a caso, i Templari usavano, a volte, la stella a otto punte per rappresentare la pietra filosofale.

Il numero nove è anch’esso costantemente presente nel simbolismo dei Templari. Nove sono i cavalieri fondatori dell’ordine, parimenti nove sono le provincie, nelle quali sono distribuite le varie commende. Il nove rappresenta, altresì, la emanazione divina che discende della unità, quindi la manifestazione.

Simbolo di significativa importanza è, peraltro, lo stendardo dell’ordine, il “beaucéant”, che è una sorta di gonfalone, al centro della quale si irradia la croce rossa, sovrapposta alle due bande che lo compongono, una bianca ed una nera, che ricordano le fasi alchemiche (opera al nero, al bianco e al rosso).

Altro simbolo molto importante è il Baphomet, l’immagine di un uomo barbuto, che sarebbe stata utilizzata nelle riunioni più riservate, modalità rituale che è stata considerata dagli inquisitori una delle prove volte a dimostrare e far formulare, nei confronti dei Templari, l’accusa di stregoneria, che fu alla base del loro processo e della loro condanna, oltre che a far poi attribuire, nell’immaginario collettivo, ai templari stessi ritualità demoniache e sataniche.

Nel considerare il simbolismo utilizzato dai cavalieri Templari e la loro organizzazione non si può certo escludere che gli stessi abbiano riscoperto talune conoscenze anche attraverso i rapporti con le autorità spirituali, allora presenti in medio oriente, le quali avevano memoria e conoscenza della filosofia ermetica, e che pertanto hanno contribuito a dare ai Templari stessi saperi molto elevati e avanzati.

Lo scopo della creazione dell’ordine è stato quello di proteggere i pellegrini sulla strada per Gerusalemme, ma probabilmente può essere stata trovata, anche “casualmente”, un’ulteriore via o un nuovo ambito operativo, che li ha posti di fronte a nuove conoscenze, quando sono venuti appunto in contatto con la conoscenza spirituale orientale, che può aver contribuito a far nascere all’interno dell’ordine stesso un ambito ermetico-iniziatico.

I cavalieri templari entrarono sicuramente in contatto con il tasawwuf, ovvero il misticismo sufi, incuriositi da questo modo particolare di ricercare il divino. Probabilmente non rimasero indifferenti rispetto a questa modalità operativa mistica e quindi cercarono conseguentemente di capirla. Se ciò fosse stato vero essi sono stati quasi certamente ammessi tra i sufi, in modo ovviamente riservato.

I templari quindi potrebbero essere stati iniziati al sufismo. La cosa non è del tutto improbabile, essi potrebbero aver pregato per un solo Dio, quale esso fosse, in quanto membri di una complessiva fraternità, sia essa cristiana o musulmana, che credeva in un unico essere supremo.

Probabilmente furono creati collegamenti segreti, che non potremo mai conoscere, ma appare abbastanza realistico che templari, di rango elevato, ricevettero come segno di considerazione l’iniziazione al sufismo. Le corrispondenze, per così dire simboliche, tra i due ordini, ci sono e appaiono peraltro non trascurabili.

Nell’iniziazione sufi, è presente il khirqah, ovvero il mantello, analogo quello bianco dei Templari. I due ordini prevedono diversi gradi di appartenenza: talib per designare l’apprendista, murid per riferirsi all’aspirante e murshid per indicare il maestro, tutti poi sottoposti allo sheikh, ossia il maestro superiore. I Templari, analogamente, prevedevano nel loro ambito quattro livelli di appartenenza: scudiero, sergente, cavaliere e maestro.

Gli storici del tempo, Jean de Joinville e Guglielmo di Tiro, ci narrano che ci sono stati incontri e confronti tra i due ordini, che hanno portato i Templari a conoscere l’esistenza delle confraternite sufi e quindi dei loro insegnamenti. Cosa peraltro ripresa da altri testi, quali “le crociate” di Zoe Oldenburg e “le crociate viste dagli arabi” di Amin Maalouf.

Lo stesso modello organizzativo che prevede il monaco soldato ricorda l’organizzazione dei nazirei ismaeliti, che ricercano il significato nascosto delle cose al di là del loro aspetto. L’aspetto occulto è quanto i sufi chiamano al batin, la cosa interiore, in contrapposizione allo zahir, l’aspetto palesato dalla religione “comune”.


L’ordine dei Templari presenta certamente molti aspetti che lo avvicinano al sufismo. Aveva persino preso a modello, sin dalla sua creazione, qualcosa di analogo agli “adepti guerrieri” membri di alcune confraternite sufi. Lo stesso dicasi per la limitata considerazione riguardante immagini e simboli. Forse i cavalieri contemplavano o adoravano la famosa testa barbuta del Baphomet, che taluno vuole far riferire al profeta Maometto, cosa che è stata uno dei motivi, di cui si è detto, per cui sono stati accusati di eresia.

Peraltro anche la setta degli assassini, riferita al vecchio della montagna, prevedeva una azione assimilabile a quella dei monaci soldati, anche se questo può farci pensare ad azioni classificabili come una sorta di proto terrorismo medioevale.

Appare verosimilmente ovvio che i Templari, nati a Gerusalemme e che hanno sempre tenuto la loro sede in medio oriente, abbiano operato su più fronti, compreso il contatto con gli ordini sufi, incluso quello degli Assassini, dal quale hanno mutuato la tecnica per eliminare i loro nemici musulmani e imporsi come i signori della regione. Come pure è anche probabile che abbiano incorporato elementi dell’islam nei loro rituali.

Rituali riservati, ai quali i membri di grado più elevato avevano accesso, compreso i segreti, in particolare quelli di natura esoterica riservati esclusivamente ai maestri, quindi ai cavalieri posti al vertice della gerarchia, proprio come nelle confraternite sufi.


Molti ricercatori hanno setacciato l’Europa per trovare tracce del loro favoloso patrimonio. Ma forse l’autentico patrimonio dovrebbe essere cercato in oriente per decodificare la loro azione. I templari riuscirono a conciliare, nella sostanza, gli aspetti profondi della religione praticata in occidente con quella praticata in oriente. Questo è stato un importante momento per pensare a una seppur graduale conciliabilità sostanziale tra questi due percorsi spirituali.


L’eredità che hanno trasmesso e che molti ricercano, per soddisfare le eterne domande, è certamente un lascito spirituale, che è passato attraverso gruppi, società, ordini iniziatici, tra i più svariati, attraverso i quali è giunto fino a noi, uomini artificiali, smarriti perché non più in contatto con la natura ma comunque desiderosi di conoscere, al di là delle risposte, spesso di fatto settarie, proposte dalle diverse confessioni.

Rumi certamente non a caso ha detto: “Io non sono né un musulmano, né un cristiano, né un ebreo. Non sono né dall’est né dall’ovest. Io non sono né di questo mondo né dell’altro. Il mio posto è da nessuna parte, il mio segno è da nessuna parte”.


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